Addio a Pippo Baudo, Fiorello ricorda il maestro della TV italiana

Un legame profondo, che parte dalle radici comuni e arriva a una riflessione intensa sul futuro della televisione italiana. Con la voce rotta dall’emozione, Fiorello rende omaggio a Pippo Baudo all’uscita dalla camera ardente allestita al Teatro delle Vittorie, ricordando non solo un collega, ma un pezzo fondamentale della storia del piccolo schermo.
Il legame siciliano: orgoglio e complicità
Per Fiorello, il rapporto con Baudo era prima di tutto un legame di terra.
“Per noi siciliani è stato sempre un vanto, un orgoglio, anche quando non lo conoscevo da ragazzo. Sapere di essere siciliani come Pippo Baudo ci riempiva il cuore. Lo seguivamo più degli altri; conduceva persino il festival della canzone siciliana su Antenna Sicilia, che da noi faceva il 100% di share”.
Questa connessione si consolidava anche nella vita privata, fatta di scherzi, battute e complicità:
“Quando lo chiamavo, non era mai ‘ciao Pippo, come stai?’. Iniziavo con una frase siciliana molto forte e dall’altra parte ricevevo una risposta altrettanto potente. Ridevamo insieme. Non dobbiamo mai dimenticare le nostre radici. Questo era il nostro rapporto”.
Pippo Baudo: più di un conduttore
Interrogato su chi fosse Baudo per lui, Fiorello fatica a trovare parole sufficienti:
“Tutto quello che è stato detto in questi giorni è vero, ma Pippo è sempre un po’ di più. Non è solo conduttore, direttore artistico, tredici Sanremo, pagine di televisione scritte. È qualcosa di più. Non ho un aggettivo per descrivere cosa rappresenti per la televisione italiana, soprattutto per la Rai”.
E aggiunge con convinzione:
“La Rai gli deve moltissimo. Dovrebbe sostituire il cavallo di Viale Mazzini con una statua di Pippo Baudo. Ha tracciato un solco enorme, ci ha insegnato senza voler insegnare, semplicemente osservandolo”.
Riflessioni sulla televisione moderna
Il ricordo di Baudo diventa uno spunto per analizzare la televisione di oggi.
“Ieri sera, guardando i suoi programmi, mi sono quasi dimenticato di come si facesse televisione. Oggi tutto corre a una velocità frenetica. Io stesso ho creato un programma di 27 minuti con gag da 30 secondi”.
Fiorello confronta l’epoca di Baudo con quella attuale:
“Guardando i suoi show mi sono detto: ‘Ma dove stiamo andando? Questa è televisione’. Un pezzo musicale con Zarrillo, Mia Martini e Giorgia durava 10 minuti; oggi non lo puoi più fare. Un monologo di 15 minuti? Neanche. Una sigla di 5 minuti ti direbbero che sei pazzo. Io mi sono goduto quelle pause meravigliose, quei racconti. Abbiamo perso di vista la grandissima televisione di cui Pippo è stato il massimo artefice”.
L’eredità più preziosa: il fattore umano
Fiorello rifiuta l’etichetta di erede:
“Non io, non io”.
Ma riconosce chiaramente il lascito fondamentale di Baudo: aver portato il fattore umano in una televisione altrimenti perfetta ma ingessata.
“Baudo ha unito alla perfezione del grande varietà in bianco e nero, fatto di balletti provati allo sfinimento, il fattore umano. L’imprevisto, l’umanità. Speriamo di non perdere questo, di non dimenticare ciò che ci ha lasciato”.