SPY RAI / Dietro la calma apparente, a Viale Mazzini tremano tutti (tranne Vespa)

SPY RAI / Dietro la calma apparente, a Viale Mazzini tremano tutti (tranne Vespa)

Dietro l’apparente calma che la Rai meloniana mostra all’esterno, si cela una situazione di forte instabilità. Dopo la cacciata – o l’uscita volontaria – dei principali esponenti della sinistra storica che per decenni avevano governato i vertici dell’azienda pubblica, il centrodestra che oggi controlla Viale Mazzini si trova a gestire una delle più classiche lotte fratricide che la storia dell’azienda ricordi.

Gli esempi più eclatanti non mancano: Sigfrido Ranucci e il suo “Report” sono stati spinti verso l’uscita, con il programma che traslocherà a La7, mentre figure di rilievo come Paolo Del Brocco a Rai Cinema e Maria Pia Ammirati a Rai Fiction hanno lasciato il loro incarico. Ma se l’obiettivo sembrava essere quello di consolidare il controllo, in realtà queste mosse hanno scatenato un vero e proprio psicodramma tra i vertici politici e i dirigenti dell’azienda, tutti intenti a contendersi ruoli e visibilità.

Giampaolo Rossi, tra potere e pressione

Al centro di questo scenario complesso c’è Giampaolo Rossi, considerato il nuovo baricentro meloniano di Viale Mazzini. Ex esponente del gruppo Rampelli e oggi vicino a Fratelli d’Italia, Rossi viene spesso definito “filosofo” della Rai, ma la realtà è ben più complicata: il manager, pur agitando la bacchetta da direttore, rischia costantemente di essere travolto dalle pressioni interne.

Tra figure di spicco come Sergio, Chiocci, Bruno Vespa e la crescente presenza di partiti affamati di poltrone, la gestione Rossi è un equilibrio delicatissimo. All’inizio pochi credevano nella sua resistenza; molti addirittura avevano già scritto il necrologio della sua carriera a Viale Mazzini. Eppure Rossi, evitando commissariamenti o retrocessioni, è riuscito finora a mantenere il controllo, in gran parte grazie al sostegno di Bruno Vespa, figura storica dell’azienda e osservatore onnipresente dei corridoi della Rai.

Giampaolo Rossi

L’affaire Chiocci

Uno dei nodi più intricati riguarda Gian Marco Chiocci, destinato inizialmente a diventare portavoce della premier. Secondo le fonti, la Meloni avrebbe voluto un collaboratore fidato, con cui potersi confrontare via WhatsApp senza essere spiata dai tanti “amici” gelosi all’interno di Palazzo Chigi, a partire da figure come Giovanbattista Fazzolari, che avrebbe blindato la gestione della comunicazione governativa.

Chiocci, però, si è ritrovato in una posizione di limbo: non più direttore del Tg1, ma neanche portavoce della premier. Una condizione che lo lascia “né pesce né carne”, intrappolato tra le ambizioni di partito e la necessità di restare visibile senza poltrona ufficiale.

Nomine strategiche e giochi di potere

Rossi procede con la consueta furbizia politica: qualche concessione alla Lega, piccoli gesti a Forza Italia e persino un accenno di dialogo con il Pd. Le prossime mosse riguarderanno le nomine più delicate: Rai Cinema potrebbe passare sotto la guida di Mellone, poeta e cantautore vicino alla linea meloniana, mentre Rai Fiction rischia di finire sotto il controllo di Forza Italia, con l’intermediazione di Agostino Saccà, veterano dell’azienda pronto a piazzare uomini fidati nei posti chiave.

Una Rai politicizzata e in bilico

In tutto questo, il pubblico continua a pagare un canone elevato e a ritrovarsi una programmazione di qualità discutibile: talk-show trasformati in centri di smistamento elettorale, informazione spesso schiacciata dalle logiche di partito, opinionisti selezionati per favorire consensi politici. Rossi sembra puntare a una Rai sempre più vicina al governo meloniano, trasformandola, di fatto, in una “Tele-Meloni”, dove pluralità e libertà editoriale appaiono limitate.

Nonostante questo, la Rai funziona come macchina in folle: tutti girano, nessuno comanda realmente, e ogni tanto qualcuno viene fatto fuori, come nel caso di Marcello Foa. Rossi, in questo contesto, non è il perno immobile, ma un funambolo costretto a barcamenarsi tra alleati pronti a pugnalarsi alle spalle.

Concorrenza e futuro

La sfida non è solo interna: Mediaset rafforza la sua offerta di intrattenimento, mentre il duo Corriere della Sera/La7 conquista terreno nell’informazione. Per la Rai, l’unica vera bussola resta il dato di ascolto, mentre il caos interno rischia di compromettere la credibilità e l’attrattività verso il pubblico.

La situazione, insomma, è chiara: la Rai meloniana appare oggi un gigante dalle gambe di argilla, dove ogni puntata sembra più surreale della precedente e dove le prossime mosse politiche determineranno il futuro della principale azienda televisiva italiana.

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