Flotilla sotto attacco: colpite imbarcazioni di Italia, Regno Unito e Polonia

Flotilla sotto attacco: colpite imbarcazioni di Italia, Regno Unito e Polonia

La missione umanitaria internazionale della Global Sumud Flotilla, partita con l’obiettivo di portare aiuti alla popolazione palestinese di Gaza, è stata nuovamente colpita nella notte tra il 23 e il 24 settembre. Secondo le testimonianze raccolte a bordo, almeno quindici droni hanno preso di mira le imbarcazioni mentre si trovavano in acque internazionali a sud di Creta, lanciando bombe sonore, spray urticanti e materiali non identificati.

Le parole della portavoce italiana Maria Elena Delia

A denunciare la gravità dell’episodio è stata Maria Elena Delia, portavoce per l’Italia della Flotilla, che si trovava a bordo di una delle imbarcazioni:
Sono state colpite le navi di Italia, Inghilterra e Polonia. È come un attacco diretto a tre Paesi europei – ha spiegato –. Prima i droni hanno scaricato sostanze urticanti, poi hanno provocato forti esplosioni con bombe sonore e infine si sono schiantati contro le barche. È stato un attacco durato ore, mirato a fiaccare psicologicamente chi era a bordo, in piena notte e in mare aperto. Nonostante ciò, andremo avanti: il nostro viaggio verso Gaza continua perché navighiamo nella piena legalità”.

Secondo la portavoce, quattro o cinque barche risultano danneggiate e non potranno più navigare a vela.

La testimonianza del deputato Arturo Scotto

A bordo della Flotilla si trovano anche esponenti politici italiani. Il deputato Arturo Scotto (PD) ha raccontato ad ANSA:
“Le navi sono state colpite per rallentarne la corsa, i droni hanno sorvolato a bassa quota e abbiamo subito interruzioni nelle comunicazioni. Si tratta di un attacco compiuto in acque internazionali, dunque illegale. Non ci sono feriti, ma i rischi sono stati altissimi”.

In un post su X, Scotto aveva già parlato di “bombe sonore, flashbang, gas urticanti” e denunciato la gravità della situazione.

Navi colpite e danni riportati

Secondo gli organizzatori, undici imbarcazioni sono state bersagliate, anche se non tutte hanno riportato danni visibili. Tra le più colpite ci sono:

  • Zefiro, con la rottura dello strallo di prua;
  • Morgana, la cui vela principale è andata completamente fuori uso;
  • Taigete, che ha resistito senza gravi conseguenze nonostante fosse finita sotto tiro.

La risposta della Farnesina e di Tajani

La situazione è seguita con attenzione anche dalle istituzioni italiane. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani, da New York dove si trova per l’Assemblea Generale dell’ONU, ha chiesto ufficialmente a Israele di garantire l’incolumità di tutti i passeggeri a bordo e di rispettare il diritto internazionale. La Farnesina è stata allertata dagli stessi membri della Flotilla durante la notte.

Una missione nel mirino da settimane

La Global Sumud Flotilla è composta da 51 navi partite da Spagna, Italia, Tunisia e Grecia, con l’intento di consegnare aiuti umanitari a Gaza e rompere il blocco navale imposto da Israele. Non è la prima volta che la missione subisce attacchi: il 9 settembre, al largo di Tunisi, erano già stati registrati episodi simili.

Solo poche ore prima di questo ultimo assalto, gli attivisti avevano respinto la proposta israeliana di attraccare al porto di Ashkelon e consegnare lì gli aiuti. Per i membri della Flotilla, questa richiesta non rappresentava un aiuto reale, ma solo un modo per controllare e ritardare la consegna degli aiuti alla popolazione palestinese.

Gli attivisti: “Non ci faremo intimidire”

Gli organizzatori ribadiscono che la loro è una flotta civile, disarmata e pacifica, impegnata esclusivamente in una missione umanitaria:
“Non rappresentiamo alcuna minaccia. Trasportiamo solo aiuti destinati a una popolazione stremata da mesi di guerra. Questi attacchi mirano a spaventarci, ma non fermeranno la nostra rotta”.

La vicenda accende ancora una volta i riflettori sul blocco navale e sul delicato equilibrio in Medio Oriente, con la comunità internazionale chiamata a esprimersi di fronte a un episodio che, secondo gli attivisti, costituisce “un atto criminale e illegale in acque internazionali”.

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