Stefano De Martino e la casa digitale: quando la privacy è solo un’illusione

Il caso di Stefano De Martino offre lo spunto per una riflessione più ampia sul modello tecnologico attuale, che prevede che qualsiasi servizio, anche quelli più personali e intimi, sia gestito tramite cloud o con accesso diretto alla rete domestica o aziendale.
Spesso non ci rendiamo conto che il router fornito in comodato gratuito dall’operatore consente al gestore di controllarlo a distanza. Allo stesso modo, le app che gestiscono telecamere o sistemi di sorveglianza memorizzano i flussi video per consultazioni future, non necessariamente sul terminale del cliente.
Domotica vulnerabile e responsabilità degli utenti
Nonostante gli obblighi contrattuali e le misure di sicurezza promesse, i dati della nostra vita personale possono finire nelle mani sbagliate, anche a causa di fiducia o negligenza degli utenti, che spesso non considerano i rischi di una tecnologia controllabile da terzi.
Nel caso di De Martino, non ci sono dettagli pubblici sul sistema di videosorveglianza utilizzato, ma è plausibile che fosse costituito da telecamere accessibili da remoto, con i flussi registrati sul dispositivo o su server esterni.
Se i file sono stati sottratti direttamente dalle telecamere, ciò indica vulnerabilità del firmware o password deboli o assenti. In alternativa, i dati potrebbero essere stati prelevati dai sistemi remoti tramite credenziali legittime rubate o sfruttando falle nella sicurezza.
Aspetti legali e normativa vigente
Dal punto di vista legale, qualsiasi accesso non autorizzato a sistemi informatici configura il reato previsto dall’articolo 615-ter del Codice penale. Tuttavia, questo non coincide con il trattamento illecito di dati personali né con il cosiddetto “revenge porn”, che richiede la diffusione di contenuti di cui chi diffonde sia anche autore.
Il ruolo del Garante per la protezione dei dati personali
Il Garante può intervenire solo in specifici casi. Se i problemi derivano da errori dell’utente nell’installazione o gestione del sistema, la competenza resta del pubblico ministero.
Se invece l’accesso ai video è stato possibile a causa di negligenza nella gestione remota o dello storage dei file, il Garante può verificare la sicurezza complessiva del sistema e, nel caso i contenuti siano pubblicati online, richiedere il blocco del trattamento, sempre nel rispetto delle competenze giudiziarie.
La responsabilità delle piattaforme e degli utenti
Individuare i singoli utenti che condividono i video risulta molto complicato, mentre i gestori delle piattaforme hanno l’obbligo di rimuovere contenuti illeciti anche senza attendere l’ordine di un giudice. Analogamente, gli operatori di accesso possono ricevere diffide ad oscurare determinate risorse di rete.
Una lezione sulla sicurezza digitale
Il caso De Martino dimostra che i sistemi digitali costruiti su modelli industriali vulnerabili mettono gli utenti in una posizione di rischio costante. Individuare e punire i responsabili è necessario, ma non sufficiente a risolvere le fragilità strutturali del mondo digitale. La protezione della privacy richiede una riflessione profonda sulle responsabilità di chi produce software, reti e sistemi, così come un’educazione consapevole degli utenti.